Il successo?


Sto passeggiando per la Baia, sommerso dai miei pensieri, di solito mi è di aiuto per trovare una soluzione. La cliente ha questo problema, e risolverlo richiede l’uso di tutte le mie facoltà intellettive, e l’incredibile combinazione della deambulazione e dell’aria fresca di questo posto si è sempre rivelata stimolante per il mio cervello.
Giro la testa verso destra, due figure stanno giocando a Scacchi. “Cavoli, vorrei tanto imparare a giocarci!” Penso, mentre continuo a camminare verso la luce del tramonto. Una donna in abito da sera dai colori che sembrano accompagnare i riflessi del sole, sta correndo verso una meta sconosciuta lungo il marciapiede, ha un paio di cuffiette alle orecchie e la sua andatura è costante, come se stesse facendo jogging. I miei occhi non possono fare a meno di soffermarsi su due ballonzolanti particolari  di lei, i suoi orecchini, per poi scendere giù, attratto da un paio di tette florido come pochi, messo in esposizione da una vertiginosa scollatura. Che stramberia però - continuo a pensare - perché mai dovrebbe fare jogging in abito lungo? E su dei tacchi così alti per giunta! Con questo dubbio irrisolto, continuo a camminare verso l’orizzonte della Baia dove sono testimone di un altro particolare evento.

Un bambino ha in mano un pacco regalo, lo osservo mentre si avvicina con fare incerto,  incontro ad una donna sulla trentina. Vedo il bambino porgerle il regalo, tremante, la signora strappa dalle mani del bambino il pacchetto, e si accinge a scartarlo utilizzando i suoi denti aguzzi e rivelando al suo interno un cuore ancora pulsante, per poi prenderlo in mano e frantumarlo. Il sangue comincia a gocciolare lungo le sue dita, ed il bambino fugge via con le lacrime agli occhi.

È l’alba, sono disteso sulla spiaggia della Baia ad osservare il cielo schiarirsi, quell’evento mi ha dato da pensare, ma il lavoro è lavoro. Mi alzo, e decido di fare un po’ di stretching, un drago orientale vola verso l’orizzonte. Sinuoso evita tutte le nuvole, sicché noto che il dragone con i suoi movimenti stava formando un simbolo molto specifico, ed io, osservando con crescente meraviglia, posso finalmente ritenermi soddisfatto della mia trovata.

Sfoggiando un sorriso trionfante, saluto i due arzigogolati boxer all’angolo della strada e mi accingo a lasciare la Baia in compagnia delle idilliache luci del primo pomeriggio, essere un mago ogni tanto ha i suoi vantaggi.

Sono le quattro del mattino, ci è voluto un po’ per trovare il suo indirizzo, ma ne è valsa la pena, non vedo l’ora di poter portare a compimento questo lavoro. Do un’occhiata alle finestre e noto che le luci sono ancora accese, la cosa mi aggrada, non mi piace il dover affrontare l’eventualità di un uomo in pigiama o in mutande. Suono al citofono e comincio a prepararmi, mentre seguo il ritmo della melodia  battendo la punta del piede. Ad aprirmi è un ragazzo giovane, avrà al massimo venticinque anni,  corrisponde perfettamente alla descrizione che mi è stata fornita, capelli neri ricci, molto lunghi, una folta barba che sembra aggregarsi in un tutt’utto con essi, un naso aquilino leggermente storto contornato da due occhi fulvi. L’uomo indossa dei pantaloni, ma nessuna maglietta, e presenta un corpo grasso, inaspettatamente glabro;  la considero una mezza vittoria.

L’uomo mi guarda, senza proferire verbo, io ricambio, rilanciando con un sorriso ed una sola parola: Anila.
Sicché mi faccio spazio fra lui e l’ingresso per entrare, dovrò pur cominciare il mio lavoro, no? Noto un coltello da cucina di ottima fattura nella sua mano destra, alla fine gli dovrò chiedere dove l’ha comprato perché mi piace davvero ed ha l’aria di uno di quei coltelli che taglia i pomodori che è una meraviglia. Mi risveglio dall’ipnosi causata dal fantastico coltello e comincio ad impugnare con entrambe le mani la mia mazza da baseball per prepararmi al meglio all’impresa. Faccio un ultimo respiro profondo e sento di essere pronto all’azione. Non mi ci è voluto molto a trovare la perfetta vittima iniziale e come un predatore mi avvicino lentamente. Il mio bersaglio è una teiera, una di quelle teiere con l’aspetto tipico tanto amato da tutte le zie del mondo occidentale, il momento in cui il suono della rottura comincia a propagarsi per tutta la stanza, indica l’inizio della stagione della caccia. Soddisfatto del primo risultato, intendo continuare con la superficie in vetro di un tavolino, ma i miei occhi ricadono su di una lattina di coca lì vicino, la prendo in mano e la sorseggio tutta d’un fiato. Preso dall’estasi della dissetazione, la lattina mi scivola e comincia a cadere verso terra,  devo assolutamente evitare il peggio. Preparo la mia prode mazza per usarla in una fulminea battuta, peccato che abbia sempre fatto schifo a battere, e manco clamorosamente l’obiettivo.

La lattina rovina a terra, per poi rovesciare due goccie del suo contenuto sulla moquette color fucsia, dopo una prima, rapida occhiata, tiro un sospiro di sollievo, l’accostamento di colori non è così brutto rispetto a come l’avevo immaginato inizialmente.

L’uomo nel frattempo ha chiuso la porta dell’entrata e dopo aver dato un giro di chiavi, e aver posato il coltello su di un mobile, riprende a guardarmi. Sono più che convinto che non senta la necessità di chiamare la polizia a causa dell’aura rassicurante che emetto, che gli infonde una sensazione di fiducia nei miei confronti, presumo sia merito della mia predilezione dello studio arcano della mente. Non ho bisogno di fare nulla, grazie alla mia particolare specializzazione, essa è una parte integrante di me e produce un effetto costante. Do una rapida occhiata ad entrambi i lati della stanza, alla sinistra vedo una vetrinetta piena di action figures, alla mia destra un’antica credenza con uno specchio offuscato dal tempo. Deluso, volgo il mio sguardo verso l’alto, per trovare un fantastico lampadario impolverato che presenta tante piccole ombre all’interno dei suoi vetri, moscerini caduti nella battaglia contro l’Inevitabilità, presumo.

In contrasto al mio fallimento nel battere la lattina, mi sento rinvigorito e pieno di energie all’idea di poter dimostrare a me stesso di non essere un completo inetto con la mazza. Il lampadario sarà la prova definitiva, lo sento.

Rinforzo la presa delle dita sull’impugnatura, a tal punto che le sento come fondersi, diventare un’unica cosa con essa, mi metto in posizione con le gambe divaricate, calcolando la distanza giusta per poter prendere il lampadario e staccarlo dalla parete, il suo compito sarebbe stato quello di non frantumarsi finché non fosse entrato in contatto con una superficie, a quel punto, mi sarei potuto ritenere soddisfatto. Finiti i calcoli, rimane solo una cosa da fare, flettere il corpo per impartire il Colpo, aspetto solo un segnale, qualcosa che possa convincere inconsciamente il mio cervello che quello sia il momento giusto, non devo aspettare a lungo, poiché dopo un paio di secondi, la luce comincia a lampeggiare come se in quel momento ci sia un calo di tensione nell’appartamento. L’intermittenza della luce non dura a lungo, ma mi fa captare un segnale inequivocabile:
- - - — - — - - ;

Sono finalmente pronto.
I muscoli, una volta ricevuto il fatidico ordine, cominciano a flettersi, facendo protendere la mazza da baseball verso l’obiettivo. La perfetta curvatura del mio corpo dal basso verso l’alto ricorda quello di un’eruzione vulcanica, pronta a perforare il cielo con i suoi lapilli,  Sto già assaporando questa vittoria, finché un’intrusione esterna non rovina il mio piano così perfettamente costruito, ci vogliono solo quattro parole, pronunciate dall’uomo vicino a me per mandare in malora il mio momento di gloria, vedo la mazza cominciare a volarmi via dalle mie mani per dirigersi dall’altra parte della stanza, al contempo, una volta eseguita la rotazione, mi accorgo di aver messo male un piede,  ciò provoca la mia rovinosa Caduta.

Ho sempre avuto un punto debole, se una persona ha intenzione di confidarsi, aprendosi con me sui suoi problemi personali, io non so dire di no, è una cosa che mi sono sempre portato dietro fin da piccolo. La gente mi ha sempre definito un buon ascoltatore e confidente, dal canto mio penso semplicemente che questi individui siano messi alquanto male se per loro sono la migliore scelta sotto questo punto di vista, ma vaglielo tu a spiegare. Ebbene, l’uomo della casa aveva pronunciato la potente frase: “Potrei chiederti una cosa?” Seguita, una volta che mi sono trovato a terra, dall’asserzione: “Sembri un tipo a posto”.

Trovandomi per terra, posso osservare con maggiore attenzione l’effetto delle gocce di cola sulla moquette e posso confermare senza alcun dubbio che la cosa non è per nulla tragica, e dopo aver fatto questa constatazione, faccio un respiro di sollievo e  rispondo dal posto con un classico “Dimmi pure”.  Dopo alcuni attimi di silenzio, alquanto imbarazzante, capisco che l’uomo vuole guardarmi in faccia prima di cominciare a raccontarmi la sua storia. A malincuore, mi accingo ad alzarmi per poi accomodarmi su una delle sedie lì presenti, guardando l’uomo, che nel frattempo ha preso un’altra lattina di cola dal frigo, ed ora è davanti a me a circa tre metri di distanza, seduto con uno sguardo serio.

“Insomma - esordìsce l’uomo -  il tutto è cominciato quando andavamo alle medie. Io e Anila eravamo finiti nella stessa classe e abbiamo cominciato fin da subito ad ambientarci nel clima della classe facendoci prendere per il culo dagli altri, sai no, io ero un ciccione bassino che si faceva comprare i vestiti dalla madre, con degli interessi particolari, lei era di origine indiana, occhialuta ed anche abbastanza gracilina. Siamo stati vicini di banco per questioni di forza maggiore - i proff volevano forzare lo sviluppo sociale dei ragazzi ma al contempo impedire che rompessimo i coglioni parlando tutto il tempo, i soliti paradossi scolastici, hai presente?”
Dopo un attimo di smarrimento, in cui mi chiedo se si stia o no aspettando una risposta, faccio sì con la testa per fugare ogni dubbio,  ma vedo che lui continuasenza guardarmi; sente di avere la mia totale attenzione.
“La nostra alleanza era dovuta anche ad una necessità di sopravvivenza, in un mondo così duro e crudele bisognava far tesoro di ogni singola persona che condivideva le tue stesse passioni, e nel nostro caso, era perché andavamo pazzi per i cartoni giapponesi e per i videogiochi, con lei potevo fare tutte le discussioni riguardo i miei personaggi preferiti, condite con tutte le teorie ed i discorsi che ne derivavano. Nonostante le derisioni dei compagni, eravamo felici perché stavamo insieme, ed erano tanti i giorni in cui ci ritrovavamo dopo la scuola per studiare e giocare. Dopo le medie ecco che vennero le superiori, tutti noi eravamo cresciuti, anche se alcune persone che conoscevo rimasero sempre ai loro livelli intellettivi primitivi che li contraddistinguevano fin dalle medie. Anila fu molto fortunata devo dire, l’adolescenza le fece dei gran bei doni e divenne una bellissima ragazza, ed il suo retaggio orientale divenne il suo punto di forza e non più una debolezza. Lei era in grado di trovare nuove amicizie, non era così selettiva con chi non aveva i suoi stessi gusti ed era desiderosa di provare nuove esperienze. Purtroppo con l’aumento dei suoi amici, il tempo che poteva a dedicare a me era diminuito, ma a me non importava, volevo stare con lei, perché per me lei era il mio spazio sicuro in cui potevo esprimermi senza limitazioni, il che mi rendeva felice, se il rinunciare a del tempo con lei era abbastanza per renderla contenta, mi andava bene così. Passarono gli anni scolastici e i nostri incontri, che prima erano quasi giornalieri, divennero sempre più sporadici, io…”

L’uomo si interrompe, la causa mi sfugge per un momento, poi sento un rumore provenire dalla porta dell’entrata, ed è così che capisco che ha un udito migliore del mio per essere in grado di sentire qualcuno avvicinarsi alla porta, e che forse mi aveva sentito prima ancora che suonassi il campanello. L’uomo in maniera frettolosa mi sussurra di nascondermi da qualche parte, probabilmente l’avere un ospite a quest’ora della notte non è cosa ben gradita da parte del visitatore inaspettato, e semplicemente do all’uomo l’Impressione di essere nascosto, per farlo contento.  La porta viene aperta, e ciò che essa cela mi sorprende alquanto, una vecchia donna si para ricurva davanti all’uomo, indossando una vestaglia color rosa shocking ed un paio di pantofole dello stesso colore, sul suo volto un grugnito di disapprovazione:
“Mi sono precipitata qui il prima possibile appena ho sentito dei rumori sospetti, pensavo che fosse in corso una qualche sorta di furto con scasso!”
“Non si preoccupi Signorina Eldritch, c’è solo stata una leggera scossa di terremoto, è durata un’istante, ma ha fatto cadere la teiera che mi ha regalato.”
“Oh, io non ho sentito nessun terremoto, mah! Sarà che sarò ad un piano superiore al tuo e che dormivo profondamente sulla mia fida poltrona dopo essermi presa le mie medicine, ma non importa, sono contenta che tu stia bene, in questi giorni ti porterò un’altra delle mie teiere, mia zia me ne ha lasciate in eredità un set intero.”
“Ah, e stai attento a quando bevi quelle bibite strane lì, hai macchiato la moquette versandoci sopra due gocce”

Detto questo, per un tempo che sembrava quasi infinito, ma non perché fossi agitato, ma per vera e propria lentezza da parte dell’anziana signora, ella finalmente cominciò a girare i tacchi mentre l’uomo la accompagnò per tutto il tempo della manovra con saluti e ringraziamenti per la sua preoccupazione.

Quando tutti i saluti di rito furono completati e la porta fu chiusa, dopo un attimo di silenzio, non voletti più dare l’Impressione di essere nascosto per farmi notare da lui, e preso da una curiosa sete di curiosità cominciai a fargli un paio di domande:
Ma scusa, tutto quel casino di prima è accaduto quasi venti minuti fa, com’è possibile che lei abbia sentito subito per poi accorrere così in ritardo? Perché non ha semplicemente chiamato qualcuno di più competente, come la polizia per intervenire?
L’uomo rispose alquanto facilmente alle mie domande.
A quanto pare la Signorina Eldritch era un’eco-salutista, quindi preferiva fare più attività fisica possibile, ed ogni volta che è possibile evitare l’uso dell’ascensore lui semplicemente ne fa a meno. Per quanto riguarda la polizia, non saprei risponderti con certezza, probabilmente si sentiva in grado di gestire il problema anche da sola, forse nascondeva una pistola dentro una tasca della vestaglia, forse è semplicemente una vecchia rincoglionita.

Soddisfatto delle risposte, ripresi la mia posizione ed attesi che anche l’uomo facesse lo stesso, e riprendemmo la storia da dove l’avevamo lasciata.

“In breve, Anila aveva sempre meno tempo per me, aveva intrapreso pure altri generi di attività, quindi man mano che gli anni passavano la nostra amicizia si appendeva sempre di più su di un filo, ma i pochi momenti in cui potevamo vederci erano di pura gioia, e mi sembrava ogni volta di rivivere le stesse emozioni che passammo insieme anni addietro. Finite anche le superiori, fu il tempo dell’università, e fu lì che ricevetti il colpo di grazia, ormai lei non aveva più tempo per me, ora era troppo immersa nelle sue attività e nelle sue nuove amicizie ed interessi sociali per potermi dedicare del tempo nel discutere sulle ultime serie uscite, sentivo che la vecchia Anila era ancora lì, ma lei si comportava in maniera troppo diversa rispetto alla persona che conoscevo, troppo assorta nella sua nuova vita per notarmi, troppo distante ed anche un po’ antipatica nei miei confronti, fui brusco con lei, ero rattristito dal corrente corso degli eventi, e la lasciai andare per la sua strada dopo anni di amicizia, ma lei non sembrava importarsene più di tanto, anzi, sembrava sollevata, e la cosa mi faceva incazzare, sembrava che lei non avesse più bisogno di me perché è stata più fortunata nel trovare più persone in grado di accettarla,fregandosene di me e condannandomi ad una vita di solitudine dopo avermi dato uno spiraglio di speranza, un’illusione che una vita alternativa fosse possibile, una cosa intollerabile. Fu così che non ebbi più notizie di lei e cercai di fare la mia vita, lontano da ogni sua traccia, finché non sentii un passaparola da parte di alcune persone che parlavano di Anila, e di un terribile avvenimento che la riguardava. Sicché anni ed anni di rancore furono come andati da un momento all’altro per fare spazio ad un misto di preoccupazione e felicità, non importa come, ma avrebbe fatto di tutto per rivederla. Mi informai in quale ospedale lei fosse ricoverata per poi precipitarmi immediatamente per andarla a trovare. Lei era lì, sembrava stesse bene, ma era palese che c’era qualcosa che non andava in lei, come se la luce dei suoi occhi fosse spenta, entrai e la sua reazione fu un misto di sorpresa e di felicità, finalmente dopo tanti anni potevano stare di nuovo insieme. Nessuno la venne a trovare nel frattempo, come se tutti l’avessero dimenticata, la cosa non mi sorprese, nessuna di quelle amicizie era mai stata vera, e questa fu la prova definitiva, ma io le fui sempre fedele e la seguì per tutta la sua permanenza all’ospedale. Non sono un medico, ma credo che decorso della malattia fu positivo, sarà stato grazie alla sua ritrovata felicità. Un giorno arrivai all’ospedale come mio solito, ma lei non c’era, aveva deciso che ormai stava bene e non aveva più bisogno di stare lì, dissero i medici, nonostante le mie domande i dottori non volettero dirmi che genere di malattia l’abbia colpita, dicendo di non preoccuparmi e che non si trattava di nulla di grave. Io sono convinto che Anila abbia ordinato loro di stare zitti, sai no, quella roba del segreto professionale. E così, come brevemente era rientrata nella mia vita, altrattanto brevemente ne uscì, di nuovo, senza lasciare traccia, ma questa volta almeno non provavo più alcun rancore nei suoi confronti. Provai a cercarla, preso dal desiderio di poterla rivedere, e dopo mesi di ricerche infruttuose, al punto in cui stavo per cedere e a rinunciare, fui in grado di riconoscerla mentre camminava per strada, da sola, per i fatti suoi. Io cercai di attirare la sua attenzione alzando la voce e chiamando il suo nome, pur non essendo il tipo da fare queste cose,  e cominciai a correrle incontro.
Lei però cominciò ad accellerare il passo per poi cominciare a perdersi in mezzo alla folla con l’obiettivo di seminarmi. La cosa mi sorprese, non riuscivo minimamente a capire perché lei non volesse più rivedermi. Pensa! Sono stato anche capace di rivederla altre due volte nelle zone vicine a quella strada, la prima volta fu capace di seminarmi nuovamente, la terza però riuscì a giocare d’astuzia e a metterla in un angolo, non poteva più scappare, ora doveva rispondere alle mie domande.

Le dissi: “Anila, ma si può sapere cos’hai?”
Lei mi rispose prima con un gesto, in cui indicava la gente che si era fermata a guardare la scenetta, per poi dire “Non è da te esporti così tanto e metterti in imbarazzo davanti a tutti”
“Smettila di cambiare discorso e rispondimi!” Ringhiai.
“Bene, allora sappi che sto bene, e che devi lasciarmi stare. Ho gradito la tua premura, ma ora ho altro da fare”.
Detto questo, lei, conoscendomi, non aggiunse altro, perché sapeva che non avrei più risposto, ed infatti fu così, contenendomi a malapena, e con i pugni vibranti di rabbia me ne andai per la mia strada, mentre tutti quei fottuti passanti idioti mi guardavano interdetti, per loro era uno di sicuro uno spettacolo l’avere una persona che urlava per qualcuna a lei cara, sarà qualche genere di fantasia proibita che non saranno mai in grado di soddisfare probabilmente. Fu così che semplicemente rispettai il suo desiderio, la rabbia momentanea era ormai scomparsa, e mi decisi di non volerla più cercare, anche se mi è capitato un altro paio di volte di vederla passare di lì, probabilmente lavorerà in quella zona, so che c’è un’agenzia di moda alquanto facoltosa, e so che lei ha lavorato lì prima che fosse finita all’ospedale, quindi il riprendere a lavorare non mi sembra poi un’ipotesi tanto strana. Ciò che feci in quei brevissimi incontri fu solo guardarla, ed il mio sguardo veniva sempre ricambiato da lei, dopo un paio di secondi lei si accorgeva sempre che la stavo osservando, sai no quando hai quella strana sensazione che qualcuno ti osserva, ti giri e vedi che c’è qualcuno che ti effettivamente osservando? Ecco quella roba lì, ma sappi che non ho fatto altro, dopo averla guardata procedevo sempre per la mia strada e lei per la sua, anche se devo dire, chiamami idiota, ma sento sempre una sorta di sollievo ogni volta che riesco a trovarla in mezzo alla folla.
“Capisco”, rispondo.
“Quindi”, aggiunge, “stai pur tranquillo, puoi riferire ad Anila che io non ho intenzione di importunarla e che può star serena, io le starò lontano”
Prima che potessi aprir bocca aggiunse, fermandomi sul nascere: “Ma quindi, tu sei il suo fidanzato, o che?”
Fui alquanto preso alla sprovvista da questa domanda, ma sono riuscito a riguadagnare abbastanza compostezza da poter dire un “No” con un tono tale da poter dare un’Impressione convincente.
Lui riprese con la sua mitraglia di parole:
“Amico?”
“Conoscente?”
“Parente?”
Dovetti dare un altro “No” per poter soddisfare la sua esasperante curiosità. Ma fui contento nel constatare che non fece altre domande, come se si potesse ritenere soddisfatto, dopo aver finito la discussione principale, cominciammo a parlare del più e del meno, aprimmo anche un paio di birre dal frigo e cominciammo a parlare dei nostri interessi e posso dire che quest’uomo è un nerd come pochi, ma anche abbastanza un compagnone. Dopo la lunghissima chiacchierata, notai che il sole era ormai spuntato da un pezzo, guardai l’orologio ed imprecai mentalmente, dovevo presentarmi all’appuntamento entro un’ora, ed io ero appiedato. Salutai l’uomo e lo ringraziai per la nottata e lui fece lo stesso aggiungendo: “Sai, sei davvero un tipo apposto, potremmo sentirci qualche volta, che ne pensi?” Io feci sì con la testa e scappai via, non volevo arrivare in ritardo.
Finito l’appuntamento, ed aver ricevuto il compenso, finalmente potei ritornare a casa, ero abbastanza stanco, ma appena entrato la prima cosa che feci fu radermi, per poi prepararmi un bel panino come colazione, così bello che dissi ad alta voce: “Bellissimo, me lo sono ampiamente meritato”.
Mentre mangiavo, vari dubbi filosofici ed esistenziali si paravano nella mia mente, quelli tipici che ti vengono prima di addormentarti, probabilmente a causa della stanchezza accumulata, ma fui contento di farmi trasportare da essi come passatempo. Ero a metà del mio succulento panino, che sentì una porta aprirsi, ed un figuro con un impermeabile, un cappuccio ed una sciarpa di colore così contrastanti da rendere l’intera vista della persona fisicamente dolorosa, lo riconobbi subito, era uno dei miei compagni di cabala.

“Ehi, com’è andato il lavoro, la squinzia ti ha pagato, è stata dura? Domandò.
Io, con fare scocciato gli dissi: “Guarda, ho capito, dove vuoi andare a parare, fuori diluvia, sei annoiato e probabilmente anche affamato, quindi siediti che ti racconto, intanto tieni questa metà, basta che appena finito non mi scoccerai con altre domande”
Il ragazzo si abbasso il cappuccio, rivelando un sorriso sardonico: “Bravo, anche se hai fatto un errore, ma sarò gentile e ti dirò dove hai sbagliato prima di andarmene”
L’appuntamento era al Diner sulla sesta strada, anche gli altri appuntamenti furono organizzati lì, con mio disappunto, non fraintendermi, il cibo era delizioso ed il personale gentile, tranne che per una persona che non faceva altro che guardarmi male per tutto il tempo, fortunatamente non fu mai lei quella a servirmi. Anila era seduta in uno dei tavoli e guardava qualcosa dall’altra parte della vetrina, poggiando la sua testa leggermente inclinata su di una mano. Io mi sedetti senza fare troppe storie, salutando con un cenno il personale del diner, la dannata cameriera era lì anche oggi e sembrava che non aspettasse altro che la mia venuta per sfoggiare il suo nuovo repertorio di smorfie. Appena mi sedetti non feci a meno di notare quella sorta di gioiello a goccia che molte indiane hanno sulla loro fronte, mi sono sempre chiesto cosa fosse e che nome avesse, ma ogni volta che la questione ritornava in superficie, non facevo altro di ripromettermi di dare un’occhiata su Wikipedia, senza mai mantenere la parola data, poi pensando di nuovo alla cameriera che mi guardava in maniera strana, mi venne in mente che dovevo forse riprendere a far pratica nel sorridere, perché sono più che sicuro che una volta che avrò smesso di sorridere per molto tempo se dovesse mai capitare l’occasione in cui dovrò farlo il mio sorriso futuro sembrerà assolutamente falso e brutto a vedersi, e la cosa mi spaventava all’idea, ed inconsciamente cominciai adesso col fare pratica, per poi essere riportato alla realtà da Anila stessa, che aveva cominciato a parlare.
La sua posizione non era cambiata minimamente, eppure disse: “Smettila di sorridere in quel modo, sei inquietante” come se fosse in grado di vedermi, forse con la coda dell’occhio? Mi chiesi.
 ”Allora, continuò, hai risolto il problema?”
“Sono alquanto convinto che un problema sia stato risolto, sì” risposi.
“Sono convinta che lui ti abbia parlato di me, e quindi prima che ti mi faccia qualsiasi domanda, sappi una cosa, lui è sempre stato carino, non lo nego, ed è anche sempre disponibile nei miei confronti, ma puoi anche chiamarmi stronza, qui sul posto, ma non voglio più avere a che fare con lui, lui stava diventando troppo appiccicoso, come una volta, e la cosa non mi stava bene. Ora, spero che abbia risposto a tutte le tue domande, e sappi che i soldi sono sotto il cestino del pane lì, appena li prendi lei libero di andare, mi ritengo soddisfatta”
Sollevai il cestino del pane e vedetti i soldi lì, ben 20 Euros, freschi di stampa dal Messico.
Mentre mi accingevo ad intascare la pecunia, feci alla ragazza due domande: “Mi chiedo come mai dovevi essere così criptica con il posizionamento del denaro” -Vidi che alla domanda lei cominciò a sollevare un ciglio- “E poi, sei sicura che quello che mi hai detto sia la verità? Sei proprio sicura che non sia correlato al fatto che tu sia morta, in seguito alla malattia? A questa seconda domanda lei si girò in maniera brutale verso di me, i suoi occhi cominciarono a colorarsi di nero, come la pece, ed il tavolino cominciò a vibrare. Con la coda dell’occhio, vidi la cameriera col grugno spalancare gli occhi, senza però spostarsi dal posto di lavoro. “Senti, continuai, con tono ancora più calmo e a voce ancora più bassa, so che per te magari si tratta di un argomento scomodo, ma sappi che a me non importa molto delle tue disgrazie o delle tue decisioni nella… Vita? Non è la prima volta che entro in contatto con gente come te, e la mia curiosità è pura e senza doppi fini, te lo posso assicurare.”
Il tavolo smise di vibrare, ma Anila non smise di guardarmi con quello suo sguardo torvo, è davvero brutto avere due persone guardarti male allo stesso tempo, ma continuai a parlare.

“Quell’uomo è una delle poche persone ancora in grado di vederti, e tutto grazie alla sua ossessione per te, detto questo, bisogna però chiedersi, perché non vuoi più avere a che fare con una delle poche ancore ancora rimaste della tua vita precedente? Io avrei alcune teorie, ad esempio può essere che il tuo pensiero di lui sia il tuo ultimo ostacolo che ti permette di passare oltre, oppure, sei una ragazza più empatica di quanto vuoi dar a vedere, e non volevi che lui un giorno riuscisse a rompere l’illusione data dalla sua ossessione per te e scoprire la verità, per poi rimanerci ferito, o peggio, magari cercando di raggiungerti anche lì.” Detto questo, lei cominciò a stringere i pugni, io non avevo ancora finito, ma cominciai a mettere il piede sotto il tavolo in modo tale da essere pronto a fuggire se le cose dovessero mettersi male, odio le ragazze isteriche.
Alla fine aggiunsi:
“Può anche essere che volessi fargli un dispetto, per dimostrargli che nonostante tutto, tu per vivere non avevi bisogno di lui, o che volevi solo che lui si dimenticasse di te, mentre sei in preda del nichilismo e della disperazione.
Anila cominciò a diventare instabile per un momento, la sua forma dava come l’impressione di volersi accartocciare su se stessa, ma dopo uno sforzo da parte sua, lei fu in grado di riprendersi e ritornare normale, per poi rispondere con tono molto scocciato:
“La mia verità te l’ho data, ed aggiungo che non ti ho pagato per fare domande, ora che hai preso quei soldi, puoi andare. Grazie per la tua assistenza”.
Io non me lo feci ripetere due volte, alzai i tacchi, pagai alla cassa per poi andarmene via, uscendo dal diner potei vedere che Anila era ancora lì, pensierosa come prima, ma faccio spallucce e mi dirigo verso casa, felice per i soldi guadagnati.

“Il resto lo sai, sono tornato a casa per farmi un panino ed un guastafeste arriva a rovinarmi la giornata”
Il mio compagno di Cabala sorrise nuovamente, nel frattempo aveva finito il panino che gli avevo dato e cominciò ad avviarsi verso la porta, sorridente.
“Ottimo, grazie per l’intrattenimento, sono contento che tutto sia finito bene, sono rari i casi in cui si può dire senza ombra di dubbio, ma sappi che ero venuto qui solo per darti un breve messaggio, stasera abbiamo un appuntamento alla Cabala, tu e gli altri dobbiamo presentarci al solito posto, dato che sei appiedato, ti verrò a prendere io alle otto, quindi tieniti pronto”
Detto questo, il ragazzo aprì la porta per uscire, ma giusto un momento prima, aggiunse: “Ah giusto, dimenticavo, volevo anche dirti, che è inutile che mi prendi in giro, sai benissimo che per me i diluvi non sono mai stato un problema”.

Detto questo, si decise di chiudere la porta, ed essa fece un tonfo sordo. E fu così che mi arrabbiai, e con fare scocciato mi alzai per dirigermi verso di essa. Vivo in questa casa da diversi anni, ed ormai conosco molto bene tutti i suoni che emette, e so per esperienza che se quella serratura non fa “Click” non è da considerarsi davvero chiusa, quindi diedi una legegra spinta , il Click che ne conseguette fu molto piacevole all’udito, poi procedetti ad aprirla, ad accogliermi c’era il solito armadietto delle scope con il suo set completo che non avevo mai usato.

Feci un respiro di sollievo,perché non volevo avere problemi come l’altra volta a causa di quel cretino, ma ora che ogni seccatura era passata, potevo finalmente concentrarmi sui soldi guadagnati e su come spenderli, e mi potevo ritenere soddisfatto del lavoro svolto, con un ritrovato sorriso alla fine pensai “Non preoccuparti, ci sarò, come sempre”.