L'intellettuale dissidente


L’intellettuale dissidente ha ventidue anni, l’ultimo modello di smartphone nella mano destra, cinquanta euro in tasca e una Chesterfield spenta, mezza consumata, stretta tra le labbra secche.

E’ appoggiato al muro, mentre scorre disinteressato le notizie che scivolano veloci sul display del gioiellino tecnologico, la mano sinistra a giocherellare con l’accendino. I suoi amici, chi seduto al tavolo lì di fronte, chi appoggiato al muro accanto a lui, chi in piedi, discutono con leggerezza di un qualche avvenimento recente a piacere.

A vederlo, si potrebbe pensare che la mente dell’intellettuale dissidente sia in questo momento divisa in due: una parte, con gli occhi, a seguire il flusso degli eventi dell’universo che lo smartphone redige minuziosamente per lui; una parte, invece, in accordo con le orecchie a sventola, a star dietro alla conversazione degli amici.

Ma non è così. La sua mente è al momento afflitta da un problema di entità maggiore. Non è l’attentato in Thailandia – che sia l’Isis? Chissà quando colpirà nella nostra nazione? Perchè diciamocelo, succederà – , non è nemmeno l’avviso di garanzia arrivato in direttissima al Ministro degli Esteri, no. Forse l’eccessivo accanimento mediatico su quella frase un po’ maschilista del giornalista sportivo… ? No, nemmeno quello. Pokemon GO e il lavaggio del cervello ai giovani? No. Peggio. Qualcosa di imminente, doloroso: stanno per finire le sigarette.

Alza lo sguardo. Il suo amico, quello tutto fricchettone convinto che Obama abbia creato l’Isis – che alla fine, guarda, tutto questo torto forse non ce l’ha – tira fuori un pacchetto di sigarette dalla tasca dei pantaloni e se ne tira fuori una. L’intellettuale dissidente nota con piacere che il pacchetto è nuovo.

« Oh, te ne posso scroccare una? »

« Oh, ma certo. »

Niente da fare, pensa l’intellettuale dissidente mentre prende la sigaretta, il sistema capitalistico ha rovinato l’equilibrio dell’Eurozona. Si stava meglio quando c’era Mao in Cina, altrochè.

La sigaretta ha il solito sapore di occasione sprecata. Le Camel gli fanno schifo. Perchè il suo amichetto fricchettone continua a comprarle? Forse perché è gay. Non che abbia qualcosa contro i gay, lui, ma che cavolo, tutti sanno che hanno gusti strani – e questo, checché ne possano dire le femministe, non è discriminazione: è verità, lo sanno tutti. D’altronde, un uomo a cui piace prendere certe cose in certi posti, che buon gusto può avere?

L’intellettuale dissidente fuma in silenzio, senza godere veramente. Continua a scrutare il mondo attorno a lui, gli occhi fissi nei riflettori della pista di hockey; nella testa rimbombano le ultime strofe di quell’intollerabile canzonetta pop che ha appena finito di uscire dagli altoparlanti. Una pizzeria a cielo aperto costruita attorno ad una pista da hockey, nel cuore di una pineta, al centro di una cittadina marittima che campa sulle spalle – ma soprattuto sui soldi – dei turisti tedeschi e olandesi che l’affollano d’estate. Che c’è di peggio? Questo posto, le persone che ci mangiano e che lo infestano urlano consumismo con ogni fibra del loro stesso essere. Telefoni da 800 euro minimo, collane e vestiti di infima qualità comprati con i saldi da Zara per una cinquantina di soldoni, un’attitudine dilagante da finto ricco con chihuaha. Quanti cazzo di chihuaha, porco cane. Che poi –diciamocelo, suvvia – cani non sono i chihuaha, sono zecche. I cani veri, degni di questo nome, sono quelli belli grossi. Inutile fare i finti buonisti, i perbenisti, sull’argomento, questa è la realtà dei fatti.

La realtà dei fatti, pensa l’intellettuale dissidente, con la sua cultura da due spicci. L’intellettuale dissidente ha fatto il liceo scientifico, e ora frequenta un’università scientifica molto indie; ma non è esattamente questo il punto. Il punto è il seguente: l’intellettuale dissidente ha una connessione internet, che gli permette di essere in perenne contatto con i sistemi d’informazione più varia, sempre aggiornato su tutto, su qualsiasi argomento di cui si voglia parlare. E questo, pensa lui – pensa reconditamente, non consciamente – automaticamente lo rende in grado di esprimere un giudizio, di dire la sua su ogni cosa venga pubblicata: l’atleta più forte non è arrivata sul podio alle Olimpiadi? Male. Questa nuova app spopola tra i giovani e giovanissimi, ma anche nella fascia della mezzaetà? Panem et circenses. L’esponente del movimento popolare anti-casta che così tanto adora, finalmente approdato in politica, interviene in Parlamento con un discorso in cui sostanzialmente accusa tutti gli altri di essere ladri in base a prove più o meno già presenti ai connazionali da una ventina d’anni abbondanti? Ottimo: bisogna correre a condividerlo su Facebook. L’articolo si chiama: “L’EROE DEI CITTADINI DISTRUGGE LA CASTA: DEVASTANTE!!! ECCO IL VIDEO… [CLICCA QUI PER SCOPRIRE DI PIÙ]“, tutto rigorosamente in maiuscolo, sia mai che non attiri troppo l’attenzione.

Che, guarda – è vero, devo ammetterlo, pensa l’intellettuale – il clickbaiting è una manovra perfida, ma in qualche modo dovranno pur finanziarsi no? D’altronde… lo diceva Machiavelli: se il fine è giusto, si possono usare tutti i mezzi… ora, la frase non era esattamente così, ma hai capito, no, quello che intendo.

Poi, mica è come quelle Onlus e Save The Children e quelle robacce acchiappasoldi varie. Quelli del clickbaiting sono soldi (e pochi, guarda, sono pochi sul serio) che vanno davvero nelle loro tasche e che davvero fanno la differenza, mica come quelle associazioni di solidarietà che usano quei bambini africani secchi che manco ad Auschwitz, che a quelli gli arriveranno cinque centesimi, su due euro di donazione totale. Che poi, scusa, che ci fai con cinque centesimi nel cuore più nero dell’Africa? Mica ci raccatti l’acqua, con cinque centesimi. Quindi, alla fin fine, chi me lo fa fare? Meglio finanziare i nostri eroi su in Parlamento, pensa l’intellettuale, per vedere di smuovere davvero le cose quassù.

La sigaretta si è spenta tra le labbra dell’intellettuale dissidente. E anche questo momento di paradisiaca assenza dalla realtà è finito e non c’è modo di riportarlo indietro – per fortuna.

Il figlio di papà – quello straricco, che manco lui sa di preciso quanto soldi abbia – è tornato dal bagno e sembra che abbia qualcosa di interessante da raccontare. L’intellettuale ritorna sul piano fisico e resta in ascolto.

« Mi ha divorato con gli occhi, ti dico » racconta lo straricco, che nemmeno lui sa quanti soldi abbia di preciso. « Mi sono sentito… mi ha scrutato dentro. Ti giuro. Che cazzo di occhi. Porco cane, non avete idea… » e distoglie lo sguardo, in direzione della diretta interessata. Quando torna a guardare la combriccola di amici, si esprime in un gesto che la dice lunga sullo stato dell’organo a cui più tiene, e che più cerca di tenere in esercizio con pulzelle più giovani di lui di una manciata di lustri.

I compagni ridacchiano, chi più ingenuamente, chi più maliziosamente. L’intellettuale ride sguaiatamente, coi suoi modi rudi, da contadino. Ma su un ventiduenne sono così affascinati, così dissidenti.

« Eeeeeeh, che ragazzaccio, eeeh! » commenta.

Ma l’imputato continua a voltarsi, a cercare con gli occhi l’origine del trambusto nei suoi due centri di pensiero primari. I suoi compari, che capiscono la gravità della cosa, si uniscono nella ricerca. E non ci vuole molto prima che riescano a mettere a fuoco un gruppo di ragazze non lontano, a qualche tavolo di distanza, che ridacchiano tra loro, mentre sorseggiano quella che i baristi si ostinano a chiamare birra, ma birra non è, dai loro bicchieri di plastica.

Avranno diciassette, diciotto anni massimo, pensa l’intellettuale dissidente. Tutte vestite di nero, con un rossetto altrettanto nero che avranno comprato da H&M come il resto del vestiario, sneakers bianche che di bianco ormai hanno solo il ricordo. Alcune di loro ogni tanto guardano nella direzione dei ragazzi per poi distogliere subito lo sguardo, ridacchiando. Ma non è quello che colpisce l’attenzione dell’intellettuale dissidente, no: c’è una ragazza, nel gruppo, diversa dalle altre. Capelli biondi, lunghi fino alla vita, liscissimi; ha un top nero, che lascia intuire le forme di un seno piuttosto piccolo, ma decisamente ben fatto; pantaloni neri di tessuto morbido, che scendono ampi fino a qualche centimetro sotto al ginocchio. Non tiene in mano un bicchiere di plastica, non ha il rossetto nero. Guarda nella loro direzione, ma non distoglie lo sguardo. Non sorride.

L’intellettuale dissidente ricambia lo sguardo. Minchia, che gran gnocca. Giovincella, effettivamente, ma che importa? Nessun tipo di scrupolo morale gli vieta di divertircisi un po’, nell’eventualità che le di lei intenzioni si ritrovino a comprendere la sua persona.

Chiariamoci: l’intellettuale dissidente non è un bel ragazzo, ma non è nemmeno brutto. Ha un qualcosa che lo rende interessante: non la barbetta, non la montatura degli occhiali dal gusto un po’ retrò, non le grandi mani forti; è quell’attitudine, quel modo di fare da vero intellettuale dissidente, per l’appunto, che lo rendono così: piuttosto originale (ma non troppo), con l’aria di qualcuno che la sa decisamente più lunga di te, un giovane con l’anima da critico d’arte e allo stesso tempo da broker e anche da esperto di politica. Qualcuno di affascinante, carismatico, finché non ne vai a grattare la superficie; ed ecco, ecco che lì invece…

Ma qui l’intellettuale dissidente si ferma, nell’analisi di sé, perché ci sono punti oltre il quale, nell’approfondirsi, bisogna fermarsi. Ed è questo il momento di fermarsi. E, che diavolo, di prendere una birra, ché gli è venuta sete.

Non sta puntando dritto al gruppo di ragazze, che si trova esattamente tra lui e il bancone, ma nemmeno le sta evitando. Passa accanto a loro, senza degnarle di uno sguardo. E senza accorgersene, è già di fronte al barista annoiato, che lo guarda in attesa.

« Una birra, grazie. Media. »

« Quale? »

« Quali avete? »

« Peroni, Nastro Azzurro… »

« Dammi la Peroni, vai. »

« Una Peroni anche per me, grazie. »

Accanto a lui, a poco meno di un metro di distanza, c’è lei. La bionda da paura con gli occhi chiari, senza rossetto. E’ girata verso di lui, accena un sorriso.

L’intellettuale dissidente è immobile, completamente bloccato, il flusso di pensieri interrotto. Per una manciata di secondi esiste solo lo sguardo di lei. Non sa di che colore sono i suoi occhi: prima gli sembrano verdi, poi dorati, e poi di nuovo verdi come smeraldi.

Poi lei si volta verso il barista e prende la sua birra, e il mondo torna a fuoco, e rinizia a scorrere con la giusta velocità. L’intellettuale è senza fiato.

Mi ha divorato con gli occhi, ti dico, ripete il suo amico nella sua memoria.

« Vieni spesso qui? »

« No, solo qualche volta. »

« Ah… è un peccato. »

Silenzio. Lei si volta di nuovo a guardarlo, si appoggia con la schiena al bancone, sorseggiando la birra. Gli occhi lo fissano, lo trafiggono, gli leggono dentro.

« La pizza qua non è male, sai. Non hanno una gran scelta di birre, però… »

Il barista lo guarda male, ma per lui non esiste più. Ci sono solo quegli occhi.

« Quelle là sono le tue amiche? »

« Diciamo di sì. »

« Diciamo? »

« Conoscenti, ecco. Sono una tipa solitaria. »

« Bene, insomma, solo i caratteri forti riescono a stare in solitaria, no? Se sai stare in solitaria, puoi fare tutto. »

Lei sta fissando un punto indefinito di fronte a lei.

« Proprio così. »

« Come ti chiami? »

« Lydia. »

« Bello. Non è un nome comune, da queste parti. »

« No. »

L’intellettuale dissidente non ha problemi a mantenere una conversazione nel vivo, in modo più o meno (più meno che più) brillante. Passano alcuni minuti, al termine dei quali, però, l’intellettuale non ha la minima idea di cosa abbia detto finora. Gli occhi della ragazza – che ora sono decisamente verdi – hanno monopolizzato completamente la sua attenzione, ed è difficile riuscire a pensare ad altro. Della qualità della pizza qui ne ha già parlato?

« Senti » lo interrompe lei ad un certo punto. « Sai dov’è il bagno? »

« Ah, sì, certo. Vedi quel piccolo edificio di legno, dietro agli spogliatoi della pista? E’ un po’ nascosto, ma… »

« Mi accompagni? »

« Oh, certo, certo. »

Lui la guida tra i tavoli, passando accanto al suo gruppo di compagni, che però non lo vedono: sono tutti concentrati a guardare una tizia che rimprovera il suo cane, qualche metro più in là. Lei lo segue velocemente, subito alle sue spalle.

« Grazie » dice lei quando raggiungono il bagno, ed entra all’interno.

L’edificio è piuttosto piccolo, ma ospita sei bagni, che hanno la fama nella cittadina di essere i più sporchi di tutto il litorale; carta igienica usata abbandonata a terra, tra le impronte umide e bagnate di suole di ogni tipo; residui di varia natura fanno capolino sulla ceramica chiara dei lavandini. I portasaponi sono vuoti da qualche settimana, e nessuno ha intenzione di riempirli.

L’intellettuale dissidente si appoggia al muro del caseggiato, in attesa. Fa per prendere il pacchetto di sigarette, quando a metà del gesto si ricorda di averle finite. Sbuffa.

Cerca di fare il punto sulla situazione: sigarette finite, bella gnocca abbordata… sigarette finite, cazzo. Cosa può offrirle? Un’altra birra? Non è che poi è una di quelle femministe arrabbiate che pensa che voglia solo farla ubriacare per poi portarsela da qualche parte… ma no, pensa l’intellettuale, questa è troppo giovane per essere femminista.

Non riesce a non pensare agli occhi verdi, verdissimi, di lei, eppure quando l’ha vista la prima volta gli sono sembrati dorati. Sarà stato un effetto della luce a risparmio energetico del bar, si dice. Ma la sensazione che ha provato sotto quella luce non è passata: disagio, dapprima, e poi profonda, profondissima eccitazione, un calore che si è risvegliato nel profondo, e ancora più giù, di nuovo, un vago, inafferrabile senso di disagio, come se ci fosse qualcosa di sbagliato, un pericolo dietro.

Ma all’intellettuale dissidente, in fondo, il pericolo piace. E quell’eccitazione, ora non la sente solo nel cuore. Fa un bel respiro, prova a calmarsi: mica ha sedici anni, si dice il dissidente. Deve distrarsi un attimo, la ragazza tornerà a momenti.

Di fronte a lui c’è solo la pineta buia, illuminata a tratti dai riflettori della pista. L’entrata del bagno dà le spalle al resto del complesso, rendendolo un posto relativamente isolato, e abbastanza inquietante da fare in modo che le ragazze trovino sempre qualcuno che le accompagni.

« Scusa, potresti darmi una mano? »

« Che succede? » chiede l’intellettuale, curioso, entrando a sua volta.

La ragazza è lì, di fronte alla porta aperta dell’ultimo bagno. I suoi occhi scintillano dorati alla luce del neon bianco e asettico del caseggiato.

Ma com’è possibile che cambino colore? Si chiede l’intellettuale. I capelli biondi le incorniciano il viso pallido, in pieno contrasto con i vestiti scuri.

« C’è una cosa qui… mi daresti una mano… ? »

Il dissidente si affaccia nel box, ma sembra tutto normale.

Lei chiude la porta dietro di lui e lo sbatte contro il divisorio di plastica, le labbra chiare premute contro le sue.

L’intellettuale non ha assolutamente nulla di ridire, non è la prima volta che viene sbattuto al muro da una donna, ma stavolta è diverso. E’ euforico, incredibilmente euforico. Il cuore batte all’impazzata, l’eccitazione lo pervade in ogni cellula. Schiude le labbra per cimentarsi in quella che si prospetta essere la limonata più epica della sua vita, ma la ragazza tiene le labbra serrate, allontana il volto.

L’intellettuale apre gli occhi, la guarda. E’ incredibilmente bella. Non riesce a soffermarsi sui dettagli del suo viso: la sua perfezione è accecante. I suoi occhi brillano, bruciano in una fiamma del colore dell’oro più puro.

Le mani di lei gli slacciano i pantaloni, si infilano nell l’intimo. L’intellettuale dissidente si lascia scappare un suono di sopresa, mentre lei non interrompe il contatto visivo.

L’intellettuale dissidente non è mai stato così bene. Non è mai stato così, così…

Lei schiude le labbra, si avvicina lentamente alle sue.

Quando il contatto avviene, la mente dell’intellettuale dissidente si infrange.

I pensieri, piccoli frammenti d’argento brillante, fluiscono taglienti dal cervello alle labbra, indugiano, e scivolano nella bocca di lei, e cadono, cadono…

L’imperatore giapponese che va in vacanza con la famiglia su un treno regionale, i migranti siriani ed etiopi e nordafricani che arrivano in massa sulle carrette del mare, le bombe ad Aleppo e i jihadisti che sgozzano occidentali sui treni tedeschi, la Brexit, lo smalto antistupro che sembra l’invenzione del millennio, le femministe, i #notallmen, i buchi del bilancio dell’economia della Capitale, l’arte, la cultura, i blocchi ai confini con la Svizzera, la polizia in antisommossa, i fatti della Diaz e del G8, la commemorazione e le vittime di un sistema di polizia violento, l’omertà dei siciliani e i boss di Corleone, l’antitrust e le sanzioni europee alla Russia…

… il TTIP segreto e le lobby delle case farmaceutiche, le cure omeopatiche e le campagne governative per i vaccini, il perbenismo dilagante, i troll, i troll su internet, su Facebook, su tutti i social network! I caduti di Nassiriya e i cinesi che ora hanno la popolazione sbilanciata, che hanno troppi uomini per colpa della legge sul primo figlio, indiane e thailandesi e coreane che se li sposano, i giovani giapponesi che non ha più desideri sessuali, e per questo a breve la loro economia crollerà perché ci saranno troppi vecchi da mantenere…

… le missioni di pace in Iraq, i bombardamenti sulla strisca di Gaza, Netanyau e il trattato firmato con gli americani, Obama, la lotta alla Casa Bianca, la Clinton che anche se ha trovato suo marito a farsi gonfiare dalla valvola inferiore dalla Levinsky se l’è tenuto pur di non perdere il posto, i cartelli della droga sul confine e Donald Trump, e i gay, ah, i gay! I pride e le bandiere arcobaleno, e ancora, i LGBTQI e chissà quante altre lettere…

… chissà quante altre lettere…

… chissà quante…

… quante altre…

L’intellettuale dissidente si accascia a terra, in mezzo all’urina e alla tracce di terra e carta igienica, senza vita, sul pavimento di ceramica azzurra; gli occhi sono spalacati, a osservare il soffito, le labbra appena schiuse, i pantaloni e le mutande calati alle caviglie.

La banshee rimane immobile a guardarlo. Il pasto è stato decisamente schifoso. Spinge la porta del box con la schiena, si lava le mani (facendo attenzione a toccare il minimo indispendabile del lavabo) e si sciacqua le labbra. Senza voltarsi indietro, esce dal bagno.

Non ha rimorsi, come al solito. Ha agito secondo il suo personale codice morale: ha trattenuto la propria fame al massimo delle sue capacità, è uscita a caccia, ha individuato il peggiore tra la folla e se ne è occupata. Aggira l’edificio e si confonde tra la folla di bambini in uscita dalla pista di hockey, schivando con cura le traiettorie delle mazze agitate felicemente da quegli esserini caotici. Con passo disinvolto si appoggia al bancone del bar e paga la propria birra. Pasto schifoso, ma necessario. Anche la birra faceva schifo, comunque; decisamente annacquata e troppo calda, almeno su questo l’intellettuale dissidente aveva ragione.

Più tardi, uno dei suoi compagni lo troverà in quelle condizioni, chiamerà i soccorsi, arriveranno ambulanza e polizia, e si dirà che è morto per infarto mentre si masturbava. Una fine assai misera.

Una fine decisamente misera, a pensarci bene. Ventidue anni, l’ultimo modello di smartphone che è scivolato dai pantaloni e che è rimasto bloccato su un articolo dell’Internazionale, cinquanta euro ancora in una tasca e un pacchetto di sigarette vuoto nell’altra, circondato da residui di vomito e urina e peli pubici, centinaia di considerazioni e riflessioni a buon mercato, opinioni che nessuno aveva richiesto ma che lui aveva fatto presenti lo stesso, un’angosciante quantità di commenti fuori luogo e un certo numero di istinti egoisti e meschini.

Un’esistenza da record in quanto ad inutilità.

Aveva arricchito il mondo l’intellettuale dissidente? No. Cioè, sì, ma solo per quanto riguarda l’effettivo giro di soldi che ruota intorno ad un’esistenza: i vestitini da bebè, i pannolini, le pappine, fino all’iPhone 6 del mese scorso. E infine era stato un pasto discutibile per una banshee.

Ma oltre a quello, l’intellettuale non aveva arricchito niente e nessuno.

Almeno quei cinquanta euro avrei potuto prenderli, pensa la ragazza, i cui occhi annoiati brillano ora di un verde smeraldino, mentre con un sorriso appena accennato si riunisce alle sue amiche.